07 Giu Una cosa che non ti ho mai detto
di Giuseppe Gestra _
I mulini a vento hanno fatto fortuna letteraria fin dal 1600 con el Ingenioso Hidalgo de la Mancha.
Si erano già stabilizzati sotto il livello del mare in Olanda, e là, si erano fatti sfidare da vari pittori che non andavano in giro su ronzinanti, ma su cavalletti malfermi, prima che Monet e la sua combriccola li rinforzasse sulle rive di fiumi e ruscelli e prati della Bretagna e Normandia a preparare il terreno per lo sbarco che avrebbe sbracato i panzerotti tedeschi, lasciandoli, oltre che senza brache, anche senza pudenda.
I mulini ad acqua hanno sempre fatto acqua da tutte le parti, perché l’acqua è da tutte le parti, e per i panzerotti ci vuole. Non hanno seguito la fortuna di quelli a vento. Sono rimasti in letargo più a lungo, ma adesso esplodono sulle anse del torrente in fondo a via Tense, dove c’è una stamperia, e non è una stramberia, che rema controcorrente.
Un salmone, o Salomone, ne tiene le redini per xilografare, litografare, stampare forme informi che escono da idee abbozzate, tenute assieme con lo spago. Ma queste forme hanno rimandi, e, pur sbocciando da un nulla, danno vita a ciò che non ha vita, ponendo su un lungo collo di cigno nero, un viso candido di bambino arruffato, attraversato da un berretto rosso, con un’enorme palla di fuoco dietro, a rischiarare la scena creata da un aquilone trasparente che fluttua su nubi gialle, mentre, non lontano, uno scheletro indispettito rema tra i rifiuti organici e non, gettati da un camper posto su un cornicione del trentunesimo piano di un palazzo appollaiato su un lampione.
Non si capisce se lo scheletro rema su una strada, nel qual caso il suo natante non è natante, o sull’acqua, nel qual caso sarà l’acqua che va al mulino.
In ogni caso rema per Rotte Contrarie.